Tenevo stretta il mio pelouche preferito, un’enorme mascotte lanosa che abbracciavo perché mi proteggesse. Suor Annarosa, la preside, aveva salutato la classe per augurare un sifaperdire felice ingresso al collegio e mi si era fermata davanti per chiedermi se il mio, fosse un orsacchiotto. No, suora, è un ornitorinco.
Pagina 116 “..è una razza estinta come l’ornitorinco[..]”.
Le parole perdono immagini. È strano come le immagini interrompano i romanzi che leggo per distrarmi dal mio pensare; leggo per volteggiare per mondi altrui, per distrarmi da me stessa, e invece, ad ogni riga, ripiombo sulla mia vita e penso e penso.
Provo a riprendere la lettura ma mi fermo ancora: mentalmente vedo la farfalla gialla di ieri, mi si era fermata a pochi centimentri dal mio libro; sorrido e poi rido nel rivedere me stessa, impaurita, che ziz-zago col busto per schivare le tre api che oggi al tavolo mi svolazzavano intorno. Michele suggeriva si, di non fare attenzione al gironzolare dei loro aculei, perché innocue, ma forse le mie fobie infantili sugli insetti sono state quasi più forti delle sue parole. Le immagini mi hanno vinto sulle parole.
Quest’estate –raccontavo al Sardins mentre con il cucchiaio racchettavo gli insetti- per due o tre giorni di seguito un’ape è venuta a farmi visita; nel pomeriggio si fermava sul mio lavandino e aspettava che la abbeverassi. Che pirla d’apina- pensavo,mentre le aprivo il rubinetto- con tutti gli acquai di Trieste vieni qui.
E intanto un vecchino, ad un tavolo poco distante dal nostro parlava di farfalle e spiegava ai suoi commensali di quanto siano fasulle le storie sull’estensione della vita della farfalla. Alcune farfalle vivino fino a due o tre anni, chiosava – mille! Pensai; Michele sorrideva.
Note:
Qualcuno mi diceva che parlo con le verdure senza farci caso. Oggi sono sicura di aver detto ad un’ape “guarda che io giocavo a tennis”.
Nessun commento:
Posta un commento