mercoledì 24 ottobre 2012

Settembre 2012

Al fanciullino che dimora in me, che ha disperato bisogno di incanto ho dato impercorribili scale che né scendono né salgono e pare che scale non siano; alla parete ho dato i tappeti persiani di missioni passate e i gatti, che gatti non sono, abitano solo tele, anch’esse, di epoche remote; in quei tempi, pensavo che il fanciullino fosse disperso per cime, e che il mio infallibile spirito d’intuizione si fosse recato a cercarlo senza mai reperirlo, senza mai tornare lui stesso. Ed ora, tra i cristalli che volteggiano nei miei occhi, senza che l’argento sia giunto, inizio a vedere la depauperazione dei miei stessi pensieri. Senza accorgermene, avevo lasciato piazze, biblioteche, scuole, treni, caffetterie, sale da ballo, scatole da aprire, senza il segno del mio passaggio; e loro invece, i miei luoghi, mi cercavano, mi urlavano, ma io, che attendevo il ritorno del mio spirito non mi ero accorta che dimorava con me, ero io l’ombra, mi sentivo come un corpo nel silenzio del mezzogiorno.

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