Pensiero, tu che invochi un mondo, che vedi quattrocento lune splendenti, tu che agiti, commuovi, che alle budella dei miei stati irrequieti del cuore,
tiri e scuoti nervi, dimmi quali corde, che mi sembrano simili a contrabbassi invasati, suonano sotto
al cielo, sotto agli astri, so che chiedono di farsi sentire: io devo trovarle.
Chi suona senza aver toccato i fili del
pensiero, sa riconosce la melodia, e forse, sarà capace di riprodurla
in prosa per farne un rapporto fedele, oppure, sotto ad altri nomi o vie, troverà il modo di suonare,
ancora; come farà a trascrivere la musica anche da lucido, se il rapimento
delle parole, del suono, del pensiero, è soltanto un ricordo di quel cedimento
dei nervi che ha condotto all'opera più pura del suo pensiero?
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