Tre anni a Trieste. E fin dal primo ingresso nella città, fui
meravigliata dal freddo, dai palazzi, dal liberty, dal profumo di sapone, dai
viali immensi, e dal vento, che come le grida proveniva improvviso da ogni
parte, e mescolato alle onde del mare mi diede subito da capire che non vivevo
più tra i boschi, che non avevo più il lago di Como vicino.
Trasferitami in condominio, sulla soglia della
porta-finestra in via Giulia, mi trovai a vivere in uno spazio ridotto, a
pensare con abbandono ai boschi, ai gatti, ai cani, a trovarmi davanti un
frequentatissimo kebab, a dormire sentendo i vicini di casa che russavano e che
parlavano anche nel sonno, e in sloveno, per giunta.
-Simo, sono tre anni esatti che vivo a Trieste
-E in questa casa?
-Due
-Hah
-Già
-E chi ha fatto la freccetta con la cartina per le canne?
-la coinquilina di prima.
Grazie coinquilino, mi fai ricordare del primo
anno in via Vasari, periodo vissuto con le due ingegneri; ricordo delle
tastiere di Giulia, delle canne e del sarcasmo di Elisa, e mentre scrivo, mi
abbandono senza testimoni al mio leggero sogno.
In verità, non è sogno che dovrei provare, ma ricordo.
Mia madre, da quando abbiamo riallacciato i rapporti, se di rapporti si può parlare, indovina e teme il peggio, e cioè che dallacrisinonseneescepiù e che forse, farei bene a pensare all’estero. Al momento, silenziosamente, festeggio i miei tre anni a Trieste, in uno spirito di sogno leggero che porta a scrivere.
Mia madre, da quando abbiamo riallacciato i rapporti, se di rapporti si può parlare, indovina e teme il peggio, e cioè che dallacrisinonseneescepiù e che forse, farei bene a pensare all’estero. Al momento, silenziosamente, festeggio i miei tre anni a Trieste, in uno spirito di sogno leggero che porta a scrivere.
Forse, tre anni fa ho preso la via di
casa venendo a vivere qui; quando penso alla casa, continuo ad immaginarmi la stanza di
Como,a sognare i miei gatti che dormono in cucina, ma è in via Vasari che
faccio ritorno la sera, è nel mio letto di Trieste che mi risveglio.
E Simone, in cucina, che mangia lo yogurt sloveno e gioca
con la freccetta fatta con le cartine delle canne, che placido lascia le
impronte di pittura per terra, e il segno giallo nella tazza da the, interrompe
le mie preoccupazioni sul lavoro, sul futuro.
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