domenica 30 dicembre 2012

Pensieri, etc.

Torna il bisogno di calarsi dentro la propria anima, di scavare con maggiore forza nei sentimenti, di individuare l'Autentico.

sabato 29 dicembre 2012

Pensieri scritti di getto, su fantasia, ragione e scrittura.


L’obiettivo è di rappresentare la magnifica giostra che sconvolge i pensieri senza intaccare mai le mie parole- la mia fantasia è rigorosa come un gendarme.

In cosa mai si identifica il mio pensiero se non nella libera possibilità espressiva? Qui, nel raccontare, trovo piena partecipazione  dei sensi ai fenomeni- la lotta tra fantasia e ragione mi ha più volte sottratto alla passività, portando a veloce maturazione una consapevolezza, quasi fede, nella vita, che ho imparato a intuire attraverso la fantasia; e compito dell’anima è portare avanti il processo di formazione. 

giovedì 27 dicembre 2012

Nonna


E bastano poche parole, nonna, schiette, cordiali, che illuminano chi ascolta, che dicono dove bisogna andare; io ti ascolto perché tu sai dove va la vita, sai cosa bisogna fare, in cosa bisogna credere, come fare i propri passi. Io mi vedo spesso come avessi gli occhi bendati, le braccia bloccate e solo la lingua libera. Dov'era il progresso quando ne avevo bisogno, e perché, lui, dotato di analfabetismo emotivo e di ebbrezza verbale, ha tentato di offrire a noi il suo veleno? Ma noi, alla sua mistica diabolica non abbiamo ceduto mai, e anzi, vorrei trovare il modo di annientarla. Un portatore di veleni, contaminato dal suo stesso pensiero,un abisso di veleni, e quando si fa di fronte a visioni illuminate, lui, dotato di un’assenza, con la parola grida per affermare di essere in vita, per affermare di avere qualcosa che non sa apprezzare. E allora, che goda dei propri veleni, e che la sua assenza gli scorra nel petto; se l’abisso gli si paleserà alla vista, io perderò le mie bende, per vederlo insieme a lui, ma senza poterlo salvare. Non posso chiamarlo alla vita, non voglio chiamarlo per nome, perché non è un nome, è qualche cosa di meno e di diverso dalla nozione che ho su quel nome.
Solo la tua parola mi sembra vera, e se lo è già nel ricordo, si conferma nel momento dell’ascolto: ecco, ho un’intuizione molto forte che emerge dai miei pensieri, e dal buio, che non è dei miei occhi ma è dato da un ostacolo, un lavoro della mia volontà, dalla parola, diventa intuizione di luce, e quindi, di bellezza. E ci siamo noi in quella luce, in quelle parole, parole che abilità letteraria non sono, ma simili ad una rivelazione magica contiene noi, contiene la vita, e come un effluvio, come un etere, come i prati delle nostre valli in estate, io le capto, e vi vedo la mia stessa vita, per rivelarla a chi amo- proprio come fai tu!

Vi sono alcuni ricordi che trovo poetici: il the con il latte, i fiocchi di riso, il caffè d’orzo, la tua tendenza all'isolamento  nel ricordo ho tenerezza, e colgo i particolari inavvertiti a mia mamma – un giorno anche lei vedrà la luce e saprà dello slancio poetico che giace nelle cose. Ma tu sai già delle bende che abbiamo tenuto per anni, e spesso,distratte da preoccupazioni e paure, invece che darci e riprenderci la voce, abbiamo rischiato noi stesse l’abisso. Ma io non ho mai provato veleni, e affinché il mio sguardo si mantenesse luminoso e meravigliato, avevo già intuito della bellezza.
Vedo in noi, nella poesia, nei miei amici,  la possibilità del progresso, e affido a te, a me stessa, alla volontà, il compito di riportarci alla condizione di luce assoluta.

mercoledì 26 dicembre 2012

Vorrei assomigliare a te.


Ti voglio bene.  Non so cosa dovrò fare per vivere- mi sembra di non sapere nulla mai, e persino i libri, cassaforte di certezze, a volte, quando li apro per distrarmi e leggere, mi pare si sfaldino di lettere, di senso, di messaggi,  mi pare che non ci sia più nulla, se non una pagina da riscrivere -(ma allora dov'era il messaggio già scritto, e perché tocca a me farlo?)
Spesso, le agende, su cui avevo segnato progetti – agende su cui so di aver scritto pensieri, appuntamenti, progetti- perdono anch'esse di senso. Tu sai come funziona la rosa dei venti, sai come leggere il vento, forse?  E molte volte mi affido a te, più con trasporto che con bisogno di certezze. So che fisiologicamente  non puoi essere invincibile, e che non siamo concepiti per essere immortali: so, con consapevolezza più che con orrore, che non saremo qui per sempre. A volte ho paura di perderti e spero che tu goda di tutta la salute necessaria per vivere.  Tu sei la mia famiglia,o almeno, sei la famiglia che ho scelto, e che ha voluto adottarmi. Mi basta sapere che tu stia bene e spesso, per me, vale tutto. Mi chiedo dove trovi sempre il tempo per scrivermi; a volte sei stanca- a volte sei stanco- e avresti buoni motivi per demoralizzarti –ma non lo fai mai, e per me, la forza la trovi sempre; ed io, per te, faccio lo stesso? Vorrei assomigliare a te, vorrei essere per te, la Forza, il corrispettivo speculare emotivo di cui hai bisogno per vivere. Ho bisogno di te, perché sei la famiglia che ho scelto.

mercoledì 12 dicembre 2012

Laura.


Amica mia,
Ti penso, tanto. Ti scrivo per assicurarmi di aver comunicato tutto l’affetto che ho in corpo e che provo per te. Tu sei una persona forte, e non hai bisogno di garanzie sentimentali; tu vivi, impari e insegni senza demordere mai, ormai sei un ottimo adulto. Ti conosco da una vita -se 27 anni fanno una vita- e il Bene che provo per te, cresce. Ti sono molto riconoscente, sei la garanzia che io sia amata e tu sai bene cosa voglio dire. Sei stata la pace quando non sapevo neanche più come chiedere aiuto. Ti ho confidato tutto, credo, e non mi hai mai negato appoggio, né approvazione. Mi hai sempre amato, ancora prima di capirmi. Io non so più, quando si tratta di te, se io mi sforzi di capirti, non mi metto neanche più nei tuoi panni per cercare di immaginare i contesti che vivi, le persone che incontri, sono con te e basta; non contestualizzo, mi schiero dalla tua e sono diventata piuttosto faziosa. Non chiedermi opinioni, non chiedermi se hai agito bene o male, perché sono categorie scomparse dalla mia mentalità. Ti sento sempre vicina e spero che anche tu sappia che io sono sempre con te. Ho deciso che non posso abbattermi: ho preso un impegno. Così come sto male io a saperti triste, ho contratto una responsabilità nei tuoi confronti, e faccio del mio meglio per oppormi sempre, comunque, inequivocabilmente a qualsiasi impaccio- emotivo, fisico, materiale- perché so che avresti di che addolorarti a sapermi infelice. La cosa che mi renderebbe più triste è saperti distante. Non ci vediamo mai ma so che siamo vicine- lo so. E allora non posso permettermi di cadere. Noi siamo un mistero, solo chi è un buon amico può comprenderlo.

lunedì 26 novembre 2012

Non ho avuto cuore di far notare la verità.

-Di dove è Lei?
-di Como 
-mh..
-vicino alla Svizzera
-AH! Ah, ma parla bene italiano!!

Rinuncia.

Pare che non ci sia alcuna possibilità di intervistare Ian Anderson a Trieste. Peccato, l'avrei fatto volentieri.

Per Serena.



Non ti conosco abbastanza e non distribuisco vademecum su come si debba vivere, ma ripensare a quello che dicevi in merito alla tua arte, al tuo sentirti inutile è stata un’esperienza sufficientemente rivelatrice sulla persona che io sono- o che sono stata, una Eva-uscente.
Probabilmente qui , non interloquisco con te, Serena, ma allo specchio che rappresenti per me. Quindi, se le mie parole circa la necessità dell’arte, e il sentirsi inutili sembreranno espresse con disinvoltura, non sarà merito (o soltanto) dell’empatia, né saranno dettate da alcuna competenza in materia di anime affini. No.  È un  pensiero che ho per me e con me, in cui mi rivolgo ad un interlocutore- e ripeto, non per distribuire consigli, io appello l’infinito che è in me, perché sono un essere umano.

Come essere vivente ho bisogno di beni di prima necessità. Mangiare, bere, dormire, per intenderci.  Io conosco il mio dentro e so di aver bisogno anche di scrivere, di ascoltare, di chiedere, di imparare, di vedere, di provare. Ho bisogno di vivere.
Se colloco l’arte come bisogno primario e appago il mio spirito, non facendo, ma seguendolo, so di aver assunto su di me, di aver adempiuto, l’Impegno.
Quando fuggo - stordita dallangoscia di essere entrata in campi che non mi appartengono – so che sto sprofondando; e non fuggo dall’Impegno, io fuggo da me stessa.

Io, non ho capito nulla di te, né dei tuoi desideri, nulla so della tua ricerca di infinto- anche per me, la ricerca dell’infinito è un mistero insondabile ma a cui torno prepotentemente quando scrivo, quando rispondo. E l’atto creativo confonde, turba e conquista. Perciò tienitelo bene a mente. Non pensare che sia facile. L’arte è difficile perché è imprescindibile. Non stai facendo, ma vedi di correre dietro con una puntualità da assistente all’Impegno che hai su di te.
Se hai intravisto una spiritualità, un orizzonte, vedrai che hai un Impegno, e te stessa , un giorno, insegnerà qualcosa alla Serena che ora nulla sa dell’ ignoto – ignoto è per definizione- ma che probabilmente riposa in lei, trascurato, abbandonato.

martedì 20 novembre 2012

Bellissima, autentica.

Ho appena letto su facebook, dalla bacheca di Fiona Apple, una lettera bellissima, vera, genuina.

Me la devo salvare sul blog, ho pensato, così posso rileggerla quando voglio.

It's 6pm on Friday,and I'm writing to a few thousand friends I have not met yet.
I am writing to ask them to change our plans and meet a little while later.
Here's the thing.
I have a dog Janet, and she's been ill for almost two years now, 
as a tumor has been idling in her chest, growing ever so slowly. She's almost 14 years old now.I got her when she was 4 months old. I was 21 then ,an adult officially - and she was my child.
She is a pitbull, and was found in Echo Park, with a rope around her neck, and bites all over her ears and face.
She was the one the dogfighters use to puff up the confidence of the contenders.
She's almost 14 and I've never seen her start a fight ,or bite, or even growl, so I can understand why they chose her for that awful role. She's a pacifist.
Janet has been the most consistent relationship of my adult life, and that is just a fact.
We've lived in numerous houses, and jumped a few make shift families, but it's always really been the two of us.
She slept in bed with me, her head on the pillow, and she accepted my hysterical, tearful face into her chest, with her paws around me, every time I was heartbroken, or spirit-broken, or just lost, and as years went by, she let me take the role of her child, as I fell asleep, with her chin resting above my head.
She was under the piano when I wrote songs, barked any time I tried to record anything, and she was in the studio with me all the time we recorded the last album.
The last time I came back from tour, she was spry as ever, and she's used to me being gone for a few weeks every 6 or 7 years.
She has Addison's Disease, which makes it dangerous for her to travel since she needs regular injections of Cortisol, because she reacts to stress and to excitement without the physiological tools which keep most of us from literally panicking to death.
Despite all of this, she’s effortlessly joyful and playful, and only stopped acting like a puppy about 3 years ago.
She's my best friend and my mother and my daughter, my benefactor, and she's the one who taught me what love is.
I can't come to South America. Not now.
When I got back from the last leg of the US tour, there was a big, big difference.
She doesn't even want to go for walks anymore.
I know that she's not sad about aging or dying. Animals have a survival instinct, but a sense of mortality and vanity, they do not. That’s why they are so much more present than people.
But I know that she is coming close to point where she will stop being a dog, and instead, be part of everything. She’ll be in the wind, and in the soil, and the snow, and in me, wherever I go.
I just can't leave her now, please understand.
If I go away again, I’m afraid she'll die and I won't have the honor of singing her to sleep, of escorting her out.
Sometimes it takes me 20 minutes to pick which socks to wear to bed.
But this decision is instant.
These are the choices we make, which define us.
I will not be the woman who puts her career ahead of love and friendship.
I am the woman who stays home and bakes Tilapia for my dearest, oldest friend.
And helps her be comfortable, and comforted, and safe, and important.
Many of us these days, we dread the death of a loved one. It is the ugly truth of Life, that keeps us feeling terrified and alone.
I wish we could also appreciate the time that lies right beside the end of time.
I know that I will feel the most overwhelming knowledge of her, and of her life and of my love for her, in the last moments.
I need to do my damnedest to be there for that.
Because it will be the most beautiful, the most intense, the most enriching experience of life I've ever known.
When she dies.
So I am staying home, and I am listening to her snore and wheeze, and reveling in the swampiest, most awful breath that ever emanated from an angel.
And I am asking for your blessing.

I'll be seeing you.
Love, Fiona



Mogador e progetti


Non che abbia stretto patti, né come stessa né con un lettore immaginario; ho preso lo scrivere come un impegno, oltre che un piacere ma tra sinusiti, influenze, preoccupazioni e mal di testa, non riesco ad essere sempre in vena di scrivere, non sempre ho qualcosa da dire o voglia di parlare. Per contrastare la mia sociopatia e mitigare la perenne ricerca di solitudine lascio due pensieri: primo, mi auguro di riuscire a intervistare i Jethro Tull, così che possa lasciare loro il cd del mio amico Brick, (anzi, i cd: due album dei Mogador); secondo, spero di trovare in una qualche scuola di Trieste un direttore scolastico che abbia la pena di guardare (non dico approvare, guardare almeno) un progetto di integrazione per le scuole primarie. Sviluppare il progetto non è vincolante per l’approvazione della mia tesi, e quindi, se dovessi continuare ad avere a che fare con persone negligenti riuscirei comunque a laurearmi senza problemi; mi domando, perché, se una persona ha un minimo di ambizione di proporre un progetto nuovo, non può venire ascoltata?

lunedì 5 novembre 2012

I pensieri.

Ma poi,  i miei poveri pensieri, i miei discorsi sul futuro si allontanarono dalla mia bocca, come dalla mia testa, e per una volta, il silenzio che manifestavo era in relazione con la mia più intima parte emotiva, e dal lungo canale, da dove si vedeva davanti il mare, il bel mare, io che mi sentivo così piccola sentii tutta notte venirmi incontro, come se il cielo mi gridasse di aspettare che l’infinità mi si schiudesse sopra la testa. Con quali tenere parole tentava di sedurmi il cielo, ma io, che ero senza pensieri, non avevo nemmeno la testa per invaghirmene

domenica 4 novembre 2012

Giulia


[..]



Da una parte sorgono torri, e più che osservatori sul mondo sono casseforti delle mia fantasia. Del cavaliere, ho sempre detto di non volerne sapere nulla; a lui, la guerra.
Quanto alla castellana, che per luoghi dispersi, lande, boschi, viaggia, per castelli, nuovi villaggi, e silenziosi conventi (ovvero: l’interno del suo spirito), lei incontra personaggi: autentici e simbolici.

Infinite storie si narrano dentro di me, e i personaggi sono uniti tra loro.
Nel ricordo, nella tenerezza; nella fantasticheria, nella nostalgia che provo, ogni giorno le storie tornano: non c’è  fantasticheria che si disperda, né ricordo dileguato, e la mia storia, vissuta, insieme al percorso immaginato, è traboccante di magia e di inganni, di foglie the, di amore, di mattine estive e di penombre invernali. Hah, chi sa se debba affrettarmi a pungolare la fantasia  con il solo scopo dei viaggi simbolici (Qualcosa che io chiamerei arte?) o se valga la pena stimolare la vita vera per creare, per lasciare dietro di me‚ un’eredità (qualcosa che chiamano amore?).

giovedì 1 novembre 2012

resoconto di Halloween


Eva : Oh, ieri ho visto un film, una cazzata pazzesca, nazisti sulla luna!
Simone: Io ieri ho visto un mio amico che girava con la camicia di forza.

mercoledì 31 ottobre 2012

Esercizio.


Lui, dritto, contro lo stipite dell’uscio; lei, seduta, e tra le sopracciglia la piega di chi è concentrato in una riflessione; testarda, tardava a rispondergli.
-e dove andrai
- dove vuoi che possa andare?
Beatrice voleva sembrare il meno sarcastica possibile, il suo sorriso, era amaro; lui, dal quel tono, che gli suonava canzonante, dagli occhi, lucidi, come quelli di ha riso troppo, dal terrore di non vederla più, era immobilizzato; in tasca, stringeva un portafortuna; lei, non poteva conoscere l’autentica natura di Andrea, né di quel suo atteggiamento,glaciale, impenetrabile, fermo come la pietra, sembrava stesse fronteggiando un nemico. Sarebbe scoppiata a piangere, e anche se la sua natura orgogliosa dava forza al contegno che voleva, sentiva che gli occhi potevano tradirla.
Andrea guardava altrove, fuori dalla finestra nevicava; aveva una buona scusa per fare altro, pensò, reggere quel tono era sufficiente, davanti ai suoi occhi avrebbe ceduto.

Silenzio.


Pensiero, tu che invochi un mondo, che vedi quattrocento lune splendenti, tu che agiti, commuovi, che alle budella dei miei stati irrequieti del cuore, tiri e scuoti nervi, dimmi quali corde, che mi sembrano simili a contrabbassi invasati, suonano sotto al cielo, sotto agli astri, so che chiedono di farsi sentire: io devo trovarle.

Chi suona senza aver toccato i fili del pensiero, sa riconosce la melodia, e forse, sarà capace di riprodurla in prosa per farne un rapporto fedele, oppure, sotto ad altri nomi o vie, troverà il modo di suonare, ancora; come farà a trascrivere la musica anche da lucido, se il rapimento delle parole, del suono, del pensiero, è soltanto un ricordo di quel cedimento dei nervi che ha condotto all'opera più pura del suo pensiero?

lunedì 29 ottobre 2012

Parenti


C’è più di una vita interiore ad essere vero, pungente e dignitoso per lei; lei ha trovato altro con cui sostituirvi, altri affetti. Lei non avrà pungoli di nostalgia per voi, e nemmeno le sue angosce, i suoi battiti, niente, è dedicato a voi, voi, persone che dei suoi sogni non avete chiesto nulla- nulla. È forse vero che ora, ora che l’avete trovata, pensate che saper ancor leggere il suo nome sia la cifra mnemonica degli anni che avete perso, che nei suoi occhi si possa leggere tutta una vita? A voi appartiene una certezza che non sapete chiamare speranza, lei la chiama menzogna, in verità è limitatezza, sappiate, la vostra è ottusità.

Per lei, voi siete un'ombra, che a tratti spaventa quanto l’ignoranza, e la casa
che ha scelto di avere intorno, ha più verità di voi, la vita esteriore che passa è più presente di quanto non siate mai state voi per lei.

In mezzo ai compagni della sua vita, lei può anche sprofondare in se stessa, senza avere timore della vostra dilagante invadenza; le vostre, non sono domande, sono incursioni, la sua anima, a voi, non è dato conoscerla, e le domande, e le voci che farneticate sul suo conto, sono della menzogna di cui voi vi nutrite tutti i santi giorni, e più che trasportavi verso lei, non fate che sprofondare in voi stessi, in pozzi profondi e neri, ricolmi di ignoranza, dove solo le domande hanno un ritorno- voi prendete per conoscenza l’eco stesso delle vostra invadenza.

The day I tried to live


Neanche per un’ora al giorno il mondo era sempre lo stesso, nulla le era attuale, o effettivo, solo un’idea di regno le perdurava in testa e lo descriveva imprimendo lettere magiche, lettere con cui scongiurava crisi, soperchierie e fortissimi fiati di vento. Con quelle lettere, affrancava l’anima, fermando il corpo, affinché rimanesse lì, volando senza partire, a scrivere.

Lunedì.


I libri, intanto, erano pronti e lei allungava gli occhi, quegli occhi che avevano passato l’estate a guardare il mare, e su pagine e pagine, a scrivere lettere che alla lunga sembravano senza senso quasi, e girando appena un poco il polso, le pareva di ricordare come si nuotasse, ma non erano pesciolini, era la penna che guizzava, ed anche l’occhio ogni tanto si perdeva, per la stanchezza. Eppure era solo lunedì.

domenica 28 ottobre 2012

Pensieri come rondini, come fondali.


Le rondini, a volte vanno al nido, volano tutte intorno alla torre, avvolte, come animate, in fasce argentee e spettacolari,e  i giochi di luce, entrando nel petto, penetrano pensieri;  e come se  venissero da un mondo incantato, così si dissolvono, in sfumature,  falò che i fondali fanno sul mare insieme ai pesci in traversata.

La prima bora.

A loro, che erravano cantando tra rovi e spine di rose, all'oro dei suoi capelli, riccissimi, e la sua voce, argentina, giunsero flutti e fiati di vento, che come ghiaccio, era una fitta raffica, era come smarrire la propria voce cadendo nell'acqua.

venerdì 26 ottobre 2012

Lectio Magistralis, Rovatti, 26 ottobre, Trieste.

Filosofia e Scrittura alla lectio magistralis di Rovatti, di questa mattina, 26 ottobre 2012. Quando il prof ha detto "Non c'è mai in scena l'io come personaggio..E se in scena c'è il soggetto che scrive..è un soggetto doppio, triplo" ho guardato verso il cielo, ringraziando. Quando faccio leggere Giulia, il racconto a cui mi dedico da due anni, alcuni lettori credono che abbia proiettato tutta me stessa in quel personaggio, e la conclusione che lei sia io viene espressa come indubbia. Ebbene, no, io non sono lei; al massimo, Giulia è un'estensione fantastica delle mie congetture sul contingente. Anzi, Giulia è Giulia.
"Lo scrittore si libera dall'invasività dell'Io" Grazie prof, mi ha risollevato. E mi sono rimessa, con rinnovata voluttà, ad occuparmi del mio personaggio; a dedicarmi a quello che amo; a distanziarmi da me stessa.

giovedì 25 ottobre 2012

Tre anni a Trieste.


Tre anni a Trieste. E fin dal primo ingresso nella città, fui meravigliata dal freddo, dai palazzi, dal liberty, dal profumo di sapone, dai viali immensi, e dal vento, che come le grida proveniva improvviso da ogni parte, e mescolato alle onde del mare mi diede subito da capire che non vivevo più tra i boschi, che non avevo più il lago di Como vicino.
Trasferitami in condominio, sulla soglia della porta-finestra in via Giulia, mi trovai a vivere in uno spazio ridotto, a pensare con abbandono ai boschi, ai gatti, ai cani, a trovarmi davanti un frequentatissimo kebab, a dormire sentendo i vicini di casa che russavano e che parlavano anche nel sonno, e in sloveno, per giunta.

-Simo, sono tre anni esatti che vivo a Trieste
-E in questa casa?
-Due
-Hah
-Già
-E chi ha fatto la freccetta con la cartina per le canne?
-la coinquilina di prima.

Grazie coinquilino, mi fai ricordare del primo anno in via Vasari, periodo vissuto con le due ingegneri; ricordo delle tastiere di Giulia, delle canne e del sarcasmo di Elisa, e mentre scrivo, mi abbandono senza testimoni al mio leggero sogno.
In verità, non è sogno che dovrei provare, ma ricordo.
Mia madre, da quando abbiamo riallacciato i rapporti, se di rapporti si può parlare, indovina e teme il peggio, e cioè che dallacrisinonseneescepiù e che forse, farei bene a pensare all’estero. Al momento, silenziosamente, festeggio i miei tre anni a Trieste, in uno spirito di sogno leggero che porta a scrivere.

Forse, tre anni fa ho preso la via di casa venendo a vivere qui; quando penso alla casa, continuo ad immaginarmi la stanza di Como,a sognare i miei gatti che dormono in cucina, ma è in via Vasari che faccio ritorno la sera, è nel mio letto di Trieste che mi risveglio.
E Simone, in cucina, che mangia lo yogurt sloveno e gioca con la freccetta fatta con le cartine delle canne, che placido lascia le impronte di pittura per terra, e il segno giallo nella tazza da the, interrompe le mie preoccupazioni sul lavoro, sul futuro.  

mercoledì 24 ottobre 2012

Scrivere


Scrivere, arte o esercizio che sia, implica disciplina, applicazione, dedizione, amore; riprendo il blog. Marta Zacchigna mi ha esortato a parlare, Roberto Srelz a continuare. Che dire, mi sono presa una pausa o aspettavo di avere qualcosa da dire; forse, pensare che avrei avuto qualcosa di mio da leggere o da far leggere mi ha sedotto più di qualsiasi incoraggiamento esterno.
Le parole conferiscono immortalità al pensiero, ma non è all’eterno che ambisco; l'appello che faccio all’infinito è per chiedere un dialogo; quando possibile, vorrei interazione con te, te che leggi. Sarebbe bello.
Scrivo per vedere come resisto alle furie del mio spirito e agli azzardi del vivere. Chi sa che non sofistichi una dimensione strategica nello scrivere, e che da lì trasponga una grandezza espressiva anche nel mio quotidiano- nel parlare, nel vivere; ho necessità di conferire un nuovo ordine ai giochi del pensiero che per la ricchezza dei mutamenti del tempo, degli eventi, dello spirito, mi sfuggono. Auspico incontri straordinari, e schemi di apertura mentali innovativi. E forse, ho bisogno di te.

Settembre 2012

Al fanciullino che dimora in me, che ha disperato bisogno di incanto ho dato impercorribili scale che né scendono né salgono e pare che scale non siano; alla parete ho dato i tappeti persiani di missioni passate e i gatti, che gatti non sono, abitano solo tele, anch’esse, di epoche remote; in quei tempi, pensavo che il fanciullino fosse disperso per cime, e che il mio infallibile spirito d’intuizione si fosse recato a cercarlo senza mai reperirlo, senza mai tornare lui stesso. Ed ora, tra i cristalli che volteggiano nei miei occhi, senza che l’argento sia giunto, inizio a vedere la depauperazione dei miei stessi pensieri. Senza accorgermene, avevo lasciato piazze, biblioteche, scuole, treni, caffetterie, sale da ballo, scatole da aprire, senza il segno del mio passaggio; e loro invece, i miei luoghi, mi cercavano, mi urlavano, ma io, che attendevo il ritorno del mio spirito non mi ero accorta che dimorava con me, ero io l’ombra, mi sentivo come un corpo nel silenzio del mezzogiorno.

Laura


Presto, avremo il potere di ammirare nelle nostre opere l’eccellenza che ci proponiamo. Ora, patiamo gli impedimenti dei nostri spiriti, dell’epoca, dell’ottusità di alcuni e della debolezza di tanti; ma vedi, ci si può frapporre terra, mare e ottusità, che non faremo cenno di interesse né renderemo degno di concetto di interesse quello che eccellenza non è. Del tuo valore, io vedo già la matrice, agli altri rimarrà da interpretarne il segno; ma ci arriveranno, un giorno, lo so.
Ogni nostra opera, di musica, di disegno, o di poesia, dettata da un intento qualsiasi dello spirito, non si giudica dalla qualità della forma, di per sé incommensurabile, a meno che non sia una patacca evidente, quanto dall’effetto che produce nell’animo di chi legge.
Dimmi, amica mia, amico mio, in che modo possiamo sortire quell’effetto di eccellenza che il cuore e l'immaginazione merita di penetrare quando guarda?

sabato 11 febbraio 2012

L'attivista culturale.

Quando  l’artista contemporaneo amplia il proprio lavoro, e dallo spazio creativo personale si muove verso le diverse strutture della società, genera contesti critici rispetto al sistema dell’arte. Quando amplia il proprio lavoro, l’artista genera spazi partecipativi e comunicativi, e diviene un attivista culturale.

Poesia, aneddoti, frequentazioni, amicizie, passioni, tracciano l’indirizzo dello spazio partecipativo e comunicativo dell’artista. Questi, opera affinché l’arte si emancipi verso la Bellezza, si sofistichi in termini culturali, e si compia in spazi sempre più ampi e partecipativi; tali spazi, luoghi d'incontro intellettuale, permettono lo scambio tra pittori, poeti e scrittori, naturali compagni di strada.

Servono figure di rac­cordo, servono attivisti culturali, persone normali, che impegnate ad accrescere la propria cul­tura, ad intessere relazioni con gli intellettuali, si appassionino all’arte e all’uomo. L’attivista culturale si confronta con la società, con lo spazio che vive, ed è pronto a generare nuovi contesti culturali. L’attivista reagisce in maniera conforme ai principi della società in cui vive, mette in discussione gli elementi del tessuto sociale, interroga le diverse realtà, provoca un cambio di parametri, e una modifica nelle abitudini.

L’impegno dell’artista, va oltre il generare fenomeni puramente estetici, si estende alla dimensione dell’esperienza vissuta.  L’azione dell’artista, è mossa da una sensibilità,  è consapevole e critica del mondo circostante; il suo atteggiamento è etico, la coscienza é culturale, sociale, e politica.


L’attivista culturale trova il modo di dare peso alla forza della Bellezza, l’attivista deve  esserci: non parte da zero, testimone del dinamismo culturale, indentifica gli individui caratterizzati dalla volontà di migliorare la vita propria, e quindi, la società. Le realtà intellettuali, anche le più valide, spesso si ignorano recipro­camente; compito dell’attivista è di riunire ogni specificità verso uno spazio dialogico, generando luoghi creativi, partecipativi e inclusivi.

lunedì 16 gennaio 2012

nota.

Nell'indagine dal passato prossimo al contemporaneo permanente, espungo lo scarto, inteso come problema, e allontano ogni crisi che non dà rivoluzione; mi espongo al presente, perché raccolga ogni sacra virtù insieme ai miei propositi sotto la sua ala protettiva.

Parlami d'amore.

Dell’amore non si dovrebbe parlare, l’amore basta a se stesso e deve soltanto essere vissuto. Nell’amore non c’è esecutore, né pubblico, né lettore, e qualsiasi cosa si dica intorno agli affetti è un’eccedenza  sonora, linguistica, critica, narrativa,  a volte fuorviante. L'immediatezza emozionale del linguaggio sentimentale non ha bisogno di interpreti e ognuno lo sperimenta da sé.

Come viventi, amanti, artisti, manifestiamo l'esigenza di creare, senza riuscire a spiegarne il come e il perché, opere di particolare bellezza e qualità; l’amore ha permesso che in ogni epoca e in diversi stili si sia contribuito a nutrire il corpo armonico di capolavori che va sotto il nome di arte, e che possiamo definire amore.

Per amare qualcosa o qualcuno, si presuppone uno slancio incondizionato che tenda verso quella determinata cosa o uno. Non è necessario parlarne la stessa lingua, capirne il codice, e non c’è bisogno di ricorrere ad alcun vocabolario per amare. Per parlare di amore è necessaria un'educazione sentimentale di cui gran parte della popolazione è paurosamente carente, e confermo che l’impresa non sia facile. Io non parlo d’amore, e nella riflessione, sono intenta a ridurre la distanza tra un codice condiviso e il mio deficit artistico: dallo scarto, un giorno,  mi sorprenderò a darmi altre prospettive, ad eliminare ogni distanza tra il linguaggio universale e la necessità di una narrazione sentimentale segreta.

Dell’amore non si dovrebbe parlare, l’amore basta a se stesso e deve soltanto essere vissuto, ma forse, scriverne, ha un ruolo: proseguire un percorso, ridurre scarti.
Nell’ascolto, nella composizione, nella lettura del nostro pensiero, intraprendiamo un percorso che gradatamente ci porta dove ben sappiamo: all’arte.  Come viventi, affermiamo l'esi­genza di raccontare che cosa sia l’amore per noi e quale universo di bellezza e qualità sia; tale esigenza non può essere spiegata, perché è fine a se stessa.