martedì 25 ottobre 2016

*

*Ogni giorno, fare qualcosa, anche un gesto minuscolo, con il fine di aiutare a mettere fine all'afflizione degli altri. 

venerdì 21 ottobre 2016

Illuminations for Every Man Dies Alone, Fallada

(...)

I don’t know if I’m expressing myself clearly and comprehensibly. What I’m trying to say is this: That once I had started I couldn’t stop, that when I decided to write another novel (the book that later became a worldwide success under the title Little Man, What Now?) I was acting under a compulsion. I certainly didn’t write it for my readers. I never think about my readers when I’m writing a book. I only think about the book, about the characters in it, the fates in it. When I think about something other than those things, then I think very selfishly about me, I’m supplying myself with the greatest happiness which life has to give, making it flow into my breast and my heart: I’m writing, I’m writing every hour of the day and of the night, whether I’m sitting at my desk or walking around, whether I’m answering letters or talking with you here, everything becomes a book for me, one day it will have become a book, a little piece of this here, and that facial expression there, and those tables and chairs and windows. Everything in my life ends in a book. That’s how it has to be, it can’t be otherwise, because I’m the man that I became. (...)

martedì 18 ottobre 2016

Quella trama mi ha fatto sentire fuori posto.

Perché mi ha stupito così tanto che in biblioteca, la sezione dei libri religione è accanto alla sala lettura Krimi?
Perché dedicare una sala lettura ai gialli? Forse perché i tedeschi vanno pazzi per le scene del crimine. Chissà se la serie più famosa della Germania (Tatort/ scena del crimine) verrà mai esportata in Italia e chissà se a tal proposito anche l’acconciatura del più famoso criminologo tedesco (Axel Petermann) verrà mai esportata nel mio paese. Non sopporto che l’unico modo per esercitarmi con il tedesco sia guardare i drammi amorosi bavaresi e i gialli. Per quanto riguarda i gialli non riesco a guardarli, mi impressionano troppo: me li sogno, non mi fanno dormire. E i film d'amore tedeschi... soprattutto non capisco il pathos amoroso bavarese. A tal proposito mi torna purtroppo alla mente un film ambientato fuori Monaco, parlava di un matrimonio combinato tra una sessantenne bavarese che cercava mano d'opera per la fattoria e si sposava con uno zimbabwiano sui 30 con permesso di soggiorno scaduto. Quella trama mi ha fatto sentire fuori posto e fuori dal tempo: la praticità giustificava l’unione ed erano entrambi contenti.
Ma di questa mia distanza culturale non ne faccio un vanto, sospetto di essere una filistea, di una mentalità grettamente reazionaria. 

In questa un’imprecisata città della Germania del Nord, che a parte l’industria della Milka e qualche altra schifezza non vanta quasi più niente, mi aggiro in attesa che il famoso click linguistico avvenga. 

lunedì 17 ottobre 2016

Con la massima sincerità.


Stavo per dire ad Andrea di quanta ansia mi metta scrivere della mia vita personale sapendo che da un po’ di tempo ci sono persone che regolarmente leggono le scemenze che scrivo. Poi mi sono dimenticata dell’ansia dello scrivere per ricordarmi di quella che mi viene quando entro in libreria -ed io entro almeno due volte al giorno in libreria, giusto per capire se è uscito qualcosa di nuovo tra una pausa e l’altra. Ogni tanto mi inacidisco, quando leggo pagine scritte male mi domando perché certi libri vengano pubblicati, ma quando mi capita la frase perfetta, un linguaggio ben ritmato, un uso ben cadenzato delle parole, il sentimento immediato è di solito una simultaneità di riverenza e senso personale di inadeguatezza e mi chiedo: ma io cosa avrei da proporre? Allora mi imbarazzo silenziosamente davanti al mondo che ignora i miei sogni e avanzo comunque un sogno di timidezza.
Ho provato più volte a lasciar perdere la scrittura, ma non saprei neanche quanti secondi siano passati tra una meditata rinuncia e una nuova ripresa.
Quanto mi lusingano le speranze sospese dei personaggi rimasti congelati in un atto di vita immaginata! Loro non chiedono nulla, non si ribellano, scivolano dietro ad ogni lettera. No, non potrei abbandonarli senza portarli alla fine della storia.
E poi lì, nelle scrittura, quell’azione che vive nel presente (o del presente?) e si costituisce a memoria eterna…
La libertà di scrivere per se stessi; la libertà di non dover tenere ad ogni costo una coerenza semantica; al tempo stesso la necessità di essere una memoria storica.
Giorni fa cercavo foto mie di dieci anni fa e in un atto di paleontologia ho ritrovato e letto delle e-mail del 2006. Ho provato tenerezza per quella persona che scriveva con fervido entusiasmo di letteratura, di viaggi sognati (sempre fatti), così rilucente di ideali e ottimista. Chissà se vivevo davvero a cuor leggero così come mi sono immaginata. Probabilmente no, sono sempre stata una persona inquieta.

Penso adesso al libro…L’unica azione vincente, rimanendo coerente ai miei sogni, è quella di portare Filippo, il mio personaggio maschile, di fronte a Giulia un’ultima volta. Che dio gli porti fortuna, inshallah.

Il mio problema è questo, oltre all’ansia per tutto, ai giri a vuoto per le librerie, alla ricerca senza posa  dell'Assoluto perché perfetto-non-è-abbastanza, mi sento in dovere di dare vita a dei personaggi. E anche di non far fare loro troppe figure. Con la massima sincerità, li porto davanti a quei pochi disgraziati che leggono di loro: dopo una vita a tifare per i personaggi dei libri che ho letto, a sperare di incontrarli per caso nel mondo, a diffidare di chi mi ricordava un qualche personaggio odiato, l’appello dell’arte mi fa sentire terribilmente obbligata a rispondere alle sue lusinghe (che sono continue) e piuttosto che lasciare che i miei personaggi vaghino ininterrottamente per le connessioni neurologiche della mia testa, do loro una dignità di esistenza. Lo trovo giusto, forse un po’ impegnativo, ma giusto.

Bisognerebbe capire adesso come farà Filippo a trovare Giulia. Con tutta la sua nobiltà d’animo, riuscirà di sicuro a trovare le parole da dire- ma lei intanto dov’è finita?

sabato 15 ottobre 2016

F/G


Io voglio guardare nell’anima, voglio che mi si legga nell'anima…

Celti

Io conosco dei racconti che sono venuti dal Cielo…

Taliésin, bardo gallese – V° sec.

lunedì 10 ottobre 2016

J. Hersch, da Tempo e musica | Una miniatura d’eternità

Noi viviamo più sovente di memoria e speranza che di attenzione, volentieri dimoriamo nelle dimensioni immaginarie del passato e del futuro piuttosto che in quella «petite durée» che è il presente, il breve spazio del nostro esercizio di libertà. Una condizione paradossale, la nostra, alla quale il pensiero filosofico non solo non sfugge, ma che è sua vocazione illuminare e riflettere. È una illusione credere che la contemplazione filosofica sia altro che la quintessenza del paradosso di esistere...
fonte: J. Hersch, da Tempo e musica | Una miniatura d’eternità