sabato 27 dicembre 2014

27 dicembre 2014

Ci sono una serie di desideri qui dentro e sono l’uno concatenato con l’altro. Per queste strade d’inverno, camminando verso casa, penso al trasloco a Berlino, a Buenos Aires, alle lingue che voglio imparare prima di cambiare ancora paese, e in fondo, so che riuscirò. Non saprei quanto tempo mi servirà, ma sto lavorando alla mia felicità ogni giorno. Poi penso ad una persona. Me la immagino mentre guida o parla e mi dico subito, che io, in realtà, di questi, non so nulla. E allora non immaginiamo niente e non scriviamogli nemmeno, via.. Poi c’è la lingua; non posso lasciare questo paese senza averla imparata decentemente. E poi, l’ Europa, come potrei lasciarla? Ma sì, ci sarà sempre una qualche nuova avventura ad aspettarmi. Ma io sono in giro e qui fa freddo. Ho visto che per venerdì prossimo danno neve. Un terzo desiderio. Ho risolto i miei fastidi di salute più grossi e non ho più nostalgia per l’Italia - da anni- e non mi sogno di tornare. A volte mi prende un qualcosa qui al petto, e mi sento il cuore ammaccato come i cachi del Rewe. -La mia bicicletta è ancora qui; quando stavo a Buenos Aires, continuavo a pensarci, immaginavo me l’avrebbero rubata. Ma questo paese è tanto tranquillo -anche troppo, per me. Berlino allora. La bicicletta è lì, irrigidita anche lei dal freddo, contro il cancello. –DDDio-. –penso senza poter aprire bocca- siamo a zero gradi. Per fortuna Steve mi ha aiutato a fare la spesa. Ho comprato il polpo e due chili di angus argentino. Se lo sapessero i coinquilini vegani…-

Poi entro a casa e vedo tutto pulito e in ordine. Sì, da me. Tutto bene. Penso alla coinquilina tornata a Sidney e al suo incredibile viaggio in stand by: 3 giorni , 3 continenti. Svanirò anch’io in un giorno di primavera del 2015; tornerò a Buenos Aires o il futuro sarà un mistero anche per me? E intanto si scende sempre di più sotto lo zero…

lunedì 22 dicembre 2014

pag 151

Per il momento gli bastava non pensarci, e non aveva intenzione di cambiare il meccanismo della  vita. Ah, se avesse voluto stare con lei, avrebbe dovuto salire con lei su quel treno. Perché non lo aveva fatto? Non poteva imporsi. – Magari accadrà qualcosa.. .- E tenne la speranza vivace e ottimista che lei scendesse dal treno e tornasse lì; la speranza la tenne sempre lì, come chi tiene la macchina fotografica al collo, sapendo che prima o poi qualcosa meriterà attenzione. Aspettò un’ora, e poi, per ricominciare, lasciò l’auto a casa, e preso il tram per andare in studio, immaginò la Giulia universitaria che con tutta la sua grazia, stava china e concentrata a disegnare, la vide per un istante, riattraversando lo specchio del tempo. La vide con il suo respiro calmo, la immaginò cercare qualcosa nella borsa, la immaginò togliersi il cappello, la vide parlare con qualcuno nel vagone, immaginò, come lei immaginava lui, di essere per un attimo della sua vita con lei sul tram, e per un’altra ora passeggiò nel recinto immaginario dei sogni.

Poi rientrò in studio e si preparò un caffè,  affinché le zaffate della moca coprissero i pensieri, ma non era sufficiente. Allora si dedicò a documenti, contò le pagine degli atti, le finestre dell’edificio davanti, i gradini di marmo,i numeri dispari della via. Vide i lavori in corso in via De Gasperi,  gli infissi cadenti di largo Buenos Aires, i sensi unici, i chiostri di filosofia. Rientrando a casa, si lasciava cadere la testa nel cuscino troppo grande, addormentandosi di colpo ascoltando Nina Simone, fino ad un lunedì, in cui il telefono, cadendo dietro al letto mentre suonava la sveglia; lo vide improvvisamente, senza annuncio che si trovasse lì da mesi, e mentre allungava il braccio, assediato dalla curiosità, trovò l’oggetto che lo portò a decidere in che modo guardare al mondo - scoprì il diario di Giulia incastrato tra la parete e il letto.


Gli sembrò inverosimile che quei pensieri li avesse scritti lei, così indifferente ai sentimenti, e per di più si era professata non credente all’amore. Aveva, adesso, due vantaggi su di lei. Uno era che anche lei lo amava e lui lo sapeva.  [...] 

lunedì 1 dicembre 2014

Andare; tornare.

Ho perso i confini spazio temporali e in crisi della presenza del passato, più vicino al presente andante, invoco una visione che spezzi la diacronia che succede con il viaggiare e che altera la coscienza: invoco la modificazione del tempo.

martedì 16 settembre 2014

scritti soggetti a modifiche (come sempre)


pag. 130

Livio intervenne.
 Stai lì buono, Livio. Ormai non ci penso nemmeno più.
 Fosse successo a me! - replicò lui.
 E sia - disse Giulia; quindi volgendosi verso il suo amico: - Ho visto un volo a centocinquanta sterline, se prenoto adesso non spenderei tantissimo; ma non so se sarei disposta a scendere.
Te lo pago io. E te lo pago volentieri.
 Centocinquanta sterline!!!... - esclamò Giulia. - Centocinquanta sterline che se cambio idea, come spesso succede,  puoi perdere!
 Le perdite non esistono - rispose con gentilezza Livio.
-          Dai, non scherziamo, avevo promesso che non sarei scesa in Italia per un po’.
 Un indovino come me non scherza mai quando si tratta di fantasticare - replicò
 - Io prenoto quel volo  e so che vi rivedrete, so che lui è venuto a cercarti a Trieste e che è andato a New York, ha trovato Moore, e tu tornerai a Milano e invertirai la serie di eventi così come li hai lasciati l’ultima volta. Che ne pensi?

La valigia era pronta. Giulia mise il passaporto nella tasca interna della borsa, ripose le pantofole nell’armadio,  prese la giacca a vento, si infilò le scarpe e legò i capelli. Livio aveva stampato il biglietto, preso le chiavi dell’auto e si era avviato alla porta. I due si guardarono un istante prima che Giulia ricontrollasse che in valigia ci fosse il necessario per il viaggio, tormentava gli anelli intorno alle dita e trascinava avanti e indietro il bagaglio a mano lungo il pavimento dell’ingresso. Non aveva usato la valigia dall’anno prima, da quando si era trasferita a casa di Livio.

mercoledì 26 marzo 2014

Al di là della nostalgia.

Che voglia di correre, di nuotare, di andare verso e di arrivare a casa. Che voglia di essere a casa.

giovedì 20 febbraio 2014

Letture da viaggi in tram

A metafísica pareceu-me sempre uma forma prolongada da loucura latente. Se conhecêssemos a verdade, vê-la-íamos; tudo (o) mais é sistema e arredores. Basta-nos, se pensarmos, a incompreensibilidade do universo; querer compreendê-lo é ser menos que homens, porque ser homem é saber que se não compreende.
Trazem-me a fé como um embrulho fechado numa salva alheia. Querem que o aceite, mas que o não abra. Trazem-me a ciência, como uma faca num prato, com que abrirei as folhas de um livro de páginas brancas. Trazem-me a dúvida, como pó dentro de uma caixa; mas para que me trazem a caixa se ela não tem senão pó?
Na falta de saber, escrevo; e uso os grandes termos da Verdade. Alheios conforme as exigências da emoção. Se a emoção é clara e fatal, falo, naturalmente, dos Deuses, e assim a enquadro numa consciência do mundo múltiplo. Se a emoção é profunda, falo, naturalmente, de Deus, e assim a engasto numa consciência una. Se a emoção é um pensamento, falo, naturalmente, do Destino, e assim a encosto à parede.
Umas vezes o próprio ritmo da frase exigirá Deus e não Deuses: outras vezes impor-se-ão as duas sílabas de Deuses e mudo verbalmente de universo; outras vezes pesará o contrário, as necessidades de uma rima íntima, um deslocamento do ritmo, um sobressalto de emoção e o politeísmo ou o monoteísmo amolda-se e prefere-se. Os Deuses são uma função do estilo.
6-5-1930
Livro do Desassossego por Bernardo Soares. Vol.II
Fernando Pessoa. 

domenica 9 febbraio 2014

orologi

gli orologi non misurano alcuna proprietà di un qualcosa distinto da sé: mostrano semplicemente
le loro lancette o i loro numeri. [...]

domenica 5 gennaio 2014

28 anni

Nella parabola del movimento tra la condizione di studente e lavoratore, tra il paese d’origine e l’estero, nei continui traslochi, spostandomi dalla cucina dove sto cenando alla stanza vuota da ammobiliare, a un’ora dal compleanno dei miei 28 anni, so che lo stadio raggiunto non è ancora quello definitivo.
Allo stesso tempo, so che gli scritti iniziati nel periodo di studente a tempo pieno vedranno nel mio movimento una crescita stabile; gli interventi, più di rafforzamento che di ampliamento, non saranno massicci come un anno fa, e dovrò sperimentare un’alleanza con il tempo libero per rifondare un modo nuovo di costruire la mia tendenza a creare: è un provare, è un andare verso.

Quando i movimenti di costruzione si alterneranno agli abbandoni, se fondo e poi distruggo, non mi si potrà imputare alcuna morale: ogni movimento lo svolgo con una volontà identica alla mia innocenza. 
E gioco, sempre, senza prendermi troppo sul serio ma eternamente con responsabilità.
Non conosco sazietà se non riprendo la mia storia! Quando ho bisogno di fondare, mi costringo a spingermi più in là, divento io, lo slancio, il movimento, lo sperimentare. 
È senso di responsabilità ma è progressione senza avere certezze. 
Consapevole della mia gioventù e della mia testa, so di potermi suscitare condizioni nuove per fondare fantastiche storie da vivere. Non trascurabile, sono in compagnia di ottimi amici.

Sto vivendo nella stanza degli ospiti, e pur non avendo ancora un materasso nella mia futura stanza- una singola di 18 metri quadri che come nei miei sogni migliori dà su un giardino- sogno una scrivania immensa su cui le mie future avventure prenderanno corpo, dove le rimanenti 60 pagine de L’educazione alla gioia verranno scritte; su quella scrivania gigante, che non ho ancora ma che so immaginare, potrò collocare penne, astucci, e arborescenti sequenze variabili di matite, gomme, piume, gatti immaginari, vasetti di yogurt e di miele, tazze zeppe di the, bottoni che continuo a perdere, dizionari di lingue da imparare, antiinfiammatori e olio al mentolo e crema alla salvia che porto con me per necessità e superstizione, approderanno, e nelle perfetta collocazione che non esiste ancora, so immaginare ogni oggetto in perfetto caos.

Precisamente nell'incertezza e nel disordine, nell'immaginarmi qualcosa che non ho ancora, so che sarò scrittore e che passerò tanto tempo su quella scrivania. So che qualche volta, come capita ai bambini di rifiutare un giocattolo, lascerò la scrittura ma la riprenderò subito, per innocente capriccio, per saziarmi, per divertirmi, per fondare mondi, per dare un motivo alle tazze di the, e tornerò subito a quella scrivania, così, quando i gatti mi verranno a fare visita, mi collegherò a mondi fantastici, inventerò navi pirata che affondano nel mio the, adatterò la realtà in base alle allucinazioni e farò del mio mondo intimo un giardino che attrae gatti. 
Contemplerò il mondo bellissimo anche di notte, e dalla finestra della stanza dove andrò a vivere, tratteggerò le creature dei sogni con la mia potenza interiore evocata, affinché, nello slancio, nel rilievo preciso, quei mondi avranno vita eterna.

giovedì 2 gennaio 2014

Nove traslochi e il lavoro all'estero.

Per questo ho traslocato nove volte nel 2013, per arrivare alla nuova casa del 2014. Ho cambiato tre città in pochi mesi, ho iniziato a lavorare all'estero e sono giorni, anche adesso, che prego, affinché, nonostante i dolori della sinusite, in attesa di andare dall'otorino, riprenda l’abitudine a scrivere.

Scrivo, intesso come in una stuoia di giunchi le avventure, augurandomi che la fantasticheria riprenda possesso di me e continui quell'opera che ho in mente da tre anni. Che cosa sarebbe la mia vita
se non la rendessi ogni giorno, con il mio volere, con una straordinaria opera di invenzione e ricostruzione, un capolavoro, se non evocassi costantemente quello spirito di inventiva che dagli estremi relitti grida, tuona, e come una luce di crepuscolo, tra le fronde, dal basso del sottobosco, da sotto i recinti delle quiete case di campagna si risolleva in un sole e ravviva di luce la vita creativa che avevo abbandonato da secoli.

L’avventura non è là, immobile, ad aspettare che le si vada incontro, scintilla qui, adesso, ed è vivida in me,

ne odo già le rime e sento di poterne fissare il rumore battendolo lettera per lettera, come fossi un fuoco che balza di qua e di là.