domenica 15 marzo 2020

worried moon

Mi era capitata tra le mani una poesia di Yeats in cui il poeta irlandese auspicava che tutte le parole che aveva raccolto e scritto aprissero instancabili le ali e non fermandosi mai nel loro volo giungessero alla persona a cui erano destinate; di certo non possiamo sapere con esattezza chi o quanti saranno i destinatari. Ti è mai capitato di andare per qualche mercatino e trovare vecchie lettere, quelle che i rigattieri scovano nelle soffitte per rivenderle come pezzi di antiquariato? Io spesso mi fermo a leggerle e anche se non posso conoscerne i personaggi coinvolti riesco benissimo a immaginarmi le storie - sono un destinatario o un pubblico impiccione che si appropria di parole e quindi ricordi e storie altrui?

Da poco mi sono appassionata alla lettura di racconti chassidici; uno di questi afferma che se le parole espresse non trovano persone capaci di accoglierle queste tornano alla persona che le ha pronunciate e non andranno sprecate; un’altra bellissima storia che mi viene in mente è ambientata nel periodo dei pogrom - in cui gli oppressori gettavano nei roghi i rotoli della Torah insieme a corpi vessati degli oppressi, normalmente rabbini. Si narra che una volta qualcuno chiese al rabbino morente che cosa vedesse: Le pagine bruciano - rispose- ma le lettere volano; si innalzano per raggiungere chi è in grado di leggere in spirito di verità, così come in spirito di verità esse sono state scritte.

Ho l’impressione costante di non avere mai nulla da dire e di usare soltanto delle parole che danno un senso approssimativo alle mie emozioni. Ultimamente mi capita di guardare la luna dalla finestra - si capisce che in questi giorni le interazioni sono limitate - e mi sento come il personaggio della canzone di Cornell, Worried Moon, che guardando la luna chiede di rivelargli quello che lei sai, lei che ha una visione privilegiata (You see further down the road) - anzi, confesso di ascoltare quella canzone in loop, forse è come dice Nick Horny (in 31 songs o in Alta Fedeltà, non mi ricordo più), ovvero che si tende ad ascoltare una canzone all’infinito solo quando si ha bisogno di risolverla: I'm afraid of what's to come / Worried moon Yeah, tell me what you know / Worried moon / You see further down the road

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